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Fuga da Facebook?

Dopo il caso Facebook-Cambridge Analytica tutti noi abbiamo preso la consapevolezza che i nostri dati hanno un valore economico e che il prodotto siamo noi. Tema ampiamente trattato nel mio libro dal titolo Internet delle Emozioni (2016), prima che il caso sopra citato scoppiasse.

Le recenti statistiche indicano però che Facebook stia accusando un leggero calo di utenti, soprattutto per quanto riguarda gli adolescenti (-6.5%). Un problema oppure un fenomeno passeggero?

Dal mio punto di vista non credo affatto sia un problema. Un ecosistema così strutturato e ampio, composto da oltre due miliardi di utenti, non si spegne così facilmente.

Facebook è in continua evoluzione e grazie alla profilazione costante dei suoi utenti, è in grado di predire moltissimi comportamenti, che riguardano il cambio di abitudini, le emozioni e i gusti che le persone esprimono nell’arco di tutta la loro vita digitale.

Le ragioni di questo fenomeno potrebbero essere diverse. Una di queste, semplice quanto pragmatica,  è il desiderio dei giovani nativi digitali di non avere tra i loro amici genitori ficcanaso, che di fatto, postavano a loro insaputa proprio in Facebook le rispettive ecografie.

Personalmente credo che questa incredibile piattaforma amplierà i suoi servizi e consoliderà la sua capacità di trattenere e intrattenere le persone al suo interno, senza che queste se ne accorgano. Credo anche che un nuovo modello di business potrebbe monetizzare proprio questa capacità, il pay-per-presence.

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Sono convinto che molto presto, dopo i dati, una nuova risorsa consentirà loro di incrementare la ricchezza digitale: il tempo, il nostro tempo, passivo o attivo che sia.

Rivedi la trasmissione TG Talk andata in onda il 26 ottobre 2018 su Teleticino, condotta da Sacha Dalcol.


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