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Facebook, condanna per i post razzisti

È arrivata come un fulmine la sentenza da parte della Procura del Cantone Ticino in merito al caso dei post a sfondo razzista pubblicati su Facebook dopo la morte della 24enne eritrea, lo scorso 3 luglio 2017, cadendo dal quinto piano del suo appartamento in via San Gottardo a Bellinzona.

Il procuratore pubblico Arturo Garzoni ha firmato un decreto d’accusa nei confronti di una donna, ritenendola colpevole del reato di discriminazione razziale.

Un’interpretazione del caso e una presa di decisione giusta, che deve fare scuola, soprattutto in Svizzera dove il codice penale prevede i seguenti reati:

  • Reati contro l’onore – art. 176 CP
  • Diffamazione – art. 173 CP
  • Calunnia – art. 174 CP

Lo stesso inventore di Internet, Tim Barners-Lee, ha dichiarato nei giorni scorsi al Guardian di essere preoccupato per come la rete e i suoi contenuti stiano evolvendo e dice:

Il sistema sta fallendo

Barners nella sua intervista si riferisce in particolare al rischio di perdere libertà e neutralità, ma all’uso della rete non consapevole, superficiale e in parte ingenuo rischia di creare uno sfogatoio incontrollato di massa ricolmo di contenuti “di pancia” inutili o fuorvianti, che nel tempo potrebbero “rubare” visibilità e spazio inutilmente.

Ecco perché la sentenza emanata dalla Procura del Cantone Ticino deve fare scuola. In un continente fatto da oltre due miliardi di residenti- Facebook – poter contare quando necessario sulla tutela del proprio sistema giudiziario è cosa buona e giusta.

Dal caso Facebook, condanna per i post razzisti,  emerge quindi la necessità di un’alfabetizzazione scolastica all’uso corretto delle nuove tecnologie, ma anche una preparazione interdisciplinare capace di fornire agli addetti ai lavori tutti gli strumenti necessari per poter raccogliere (prima), esaminare (durante) e giudicare (dopo) gli elementi utili (tracce digitali) che possano portare a una decisione oggettiva e proporzionata del caso, in cui sempre più spesso il reale si sovrappone al virtuale.

Il mio punto di vista sul caso per il Quotidiano della Radiotelevisione svizzera – RSI – condotto da Giovanni Marci. Il servizio è curato da Raffaella Machiné Genazzi.

  • Per rivedere il servizio clicca qui.

Se vuoi approfondire il tema sulla privacy leggi la mia intervista per il settimanale Cooperazione.


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