alexa e digitale

La scatoletta magica e l’analfabetismo digitale

E se un giorno qualcuno, improvvisamente, decidesse di alzarsi di nuovo dal divano per accendere la radio, la TV oppure le luci, sarà ancora in grado di farlo manualmente, oppure non potrà più fare a meno di Alexa?

Grazie alla raccolta a strascico dei nostri dati personali degli ultimi vent’anni, attraverso le innumerevoli piattaforme social, è stato possibile acquisire abnormi quantità di dati utili per addestrare le reti neurali che oggi consentono a Google e Amazon di offrire alle famiglie il primo vero strumento a comando vocale per controllare ogni oggetto che in casa può e potrà essere collegato alla rete internet.

Non è mai successo nella storia dell’umanità che un’azienda tecnologica catalogasse  e classificasse gratuitamente e in modo massivo i gusti, le emozioni e i desideri di quasi due generazioni di essere umani. Google, Facebook e Amazon questo lo hanno fatto con il nostro pieno consenso. Il primo per conoscere cosa cerchiamo in rete, il secondo per conoscere cosa pensiamo nei social e il terzo per conoscere ciò che compriamo.

Altro che privacy, Alexa e Google home sono i primi microfoni a cielo aperto addestrati artificialmente ad ascoltare tutto ciò che avviene dentro casa. Il patto è chiaro e definito: noi gli diamo il consenso per farlo e loro risponderanno a tutti i nostri desideri, prendendosi cura di noi, dei nostri problemi e delle nostre pigre preoccupazioni, con un semplice comando vocale il gioco è fatto. Niente più manuali d’uso, ma soltanto la nostra interfaccia naturale per interagire con le nuove tecnologie attraverso i gesti, la voce e il riconoscimento facciale.

Difficile non rimanere stregati da queste nuove modalità di dialogo uomo-macchina, sempre più pervasive e “human oriented”. Negli Stati Uniti l’anno scorso ne sono stati venduti oltre cento milioni di pezzi. Rassegniamoci, è solo questione di tempo e l’ondata del piacere casalingo digitale busserà anche alla nostra porta di casa.

Ecco perchè appare chiaro che i tempi per imbastire un vero piano di alfabetizzazione digitale, strutturato e inclusivo, sembrano ormai maturi.

Abbiamo un ritardo importante da recuperare per affrontare al meglio una straordinaria trasformazione digitale, che vede nell’interlocutore tecnologico un elemento resiliente dotato di risorse potenzialmente infinite.

Senza un percorso comune e condiviso orientato alla consapevolezza, non dovremo stupirci se la profilazione dei nostri dati darà l’avvio al processo di indebolimento del muscolo più importante che l’essere umano possa avere: il cervello.

Leggi l’articolo pubblicato dal quotidiano svizzero Corriere del Ticino.


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