Apple e obsolescenza programmata
La notizia non poteva che fare il giro del mondo: la Francia accusa pesantemente Apple che sulle batterie e gli iPhone più vecchi potrebbe giocare sporco, traendone un vantaggio indebito.
Fantascienza o realtà? In gergo tecnico questa prassi si chiama obsolescenza programmata. In pratica corrisponde alla “morte” o al cattivo funzionamento di un dispositivo elettronico maldestramente programmato dall’azienda che lo ha prodotto, affinché l’utente che lo ha acquistato lo sostituisca con uno nuovo.
Le opinioni si sprecano e i complottisti trovano terreno fertile. La verità probabilmente sta nel mezzo. È d’obbligo quindi fare alcune riflessioni oggettive che possano fare ordine, onde evitare di cadere nelle banalità, o, peggio ancora, in un vortice di insinuazioni che non troveranno mai una risposta verificabile.
Contrariamente a una lampadina, software e hardware di un dispositivo elettronico sono soggetti a continui aggiornamenti, i quali per essere integrati correttamente nell’architettura e nella configurazione originale del dispositivo richiedono risorse, compatibilità (retroattiva) e molta attenzione, da qui il caso Apple e obsolescenza programmata.
È altrettanto vero però che molte persone hanno la percezione che il proprio smartphone debba funzionare come fosse sempre il primo giorno, dimenticando l’utilizzo che ne fanno quotidianamente installando applicazioni dalla dubbia provenienza e navigando siti web poco raccomandabili.
Un’attitudine che pone il proprio smarthone in condizione di incamerare continuamente spazzatura digitale, che di fatto potrebbe essere la prima causa di misteriosi rallentamenti e malfunzionamenti.
Ecco perchè accusare Apple di obsolescenza programmata potrebbe risultare frustrante e poco produttivo. Servono test di corretta funzionalità da applicare a tutti i modelli di una particolare versione, non bastano poche centinaia di esemplari. Altrimenti, un buon avvocato, potrebbe facilmente sostenere la tesi secondo cui siamo di fronte a casi particolari e isolati difficilmente riproducibili.
Inoltre, la validità dei test da effettuare per la verifica della (potenziale) presenza di obsolescenza programmata dev’essere oggettivamente misurabile, ripetibile e deve considerare le stesse variabili di configurazione/applicazione. Cosa non affatto semplice!
La realtà è che software e hardware richiedono aggiornamenti continui e sono soggetti a usura, e il loro corretto funzionamento è strettamente relazionato all’utilizzo che ne facciamo giorno dopo giorno.
Ecco perchè un buon compromesso potrebbe prendere in considerazione questa ipotesi: dopo tre anni di intenso utilizzo, interrompo l’installazione automatica di aggiornamenti software tradizionali, consapevole però che antivirus e programmi di protezione devono comunque continuare ad essere correttamente aggiornati.
In altre parole, se non vogliamo cadere nella trappola dell’obsolescenza programmata, l’unica cosa che ci rimane da fare è prendere la consapevolezza che il proprio smartphone richiede prudenza e attenzione nella gestione delle sue infinite risorse. È una macchina complessa che per quanto “smart” sia necessiterà sempre più di manutenzione e controllo “umano”. Il caso Apple e obsolescenza programmata deve fare scuola.
La trasmissione TG Talk di Teleticino – condotta da Sacha Dalcol – ha dedicato una puntata a questo tema.
Rivedi la puntata andata in onda giovedì 11 gennaio 2018.
Per un approfondimento sul tema, leggi anche l’intervista per il settimanale Cooperazione dal titolo “Privacy, ci vuole un cambio culturale“.
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