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Fake News, Google ci ha abituati troppo bene

Il tema delle fake news torna ogni giorno più prepotente che mai. C’è chi rincorre gli strumenti tecnici per tentare (inutilmente) di scoprirle e chi, più audace, cerca di capirne le caratteristiche, quelle da cui è possibile trarre degli spunti di riflessione costruttivi.

Lasciatemelo dire, questo tema lo avevo già affrontato in tempi non sospetti, e più precisamente nel mio primo libro dal titolo “Internet e il disordine globale” edito dalle Edizioni Ulivo di Balerna. Un libro che scrissi nel 2005 dopo essere rientrato dalla Silicon Valley, quando nessuno parlava di fake news.

Di tempo ne è passato, ma il problema non ha fatto altro che rafforzarsi, diventando così un grande protagonista della società dell’informazione moderna. Ne ero convinto a quel tempo e lo sono ancora di più oggi, e i fatti, ahimè, mi hanno dato ragione.

Google e Facebook annunciano a giorni alternati nuove strategie che possano mettere sotto controllo il problema delle fake news, ma di fatto il fenomeno persiste e dilaga. Come mai?

Fake News, Google ci ha abituati troppo bene. Col passare del tempo siamo diventati pigri, molto pigri. Per certi versi abbiamo perso quel (buon) senso di diffidenza a cui eravamo abituati prima che arrivasse Google, utile ad osservare e analizzare i contenuti e le notizie che ogni giorno bussano al display del nostro Smartphone.

Per combattere il fenomeno delle fake news serve un’alfabetizzazione puntuale e interdisciplinare e non un filtro tecnico per limitare la divulgazione delle notizie, né tanto meno un algoritmo (pseudo) intelligente che gestisca autonomamente le notizie al posto nostro.

Le fake news, così come la maggior parte delle truffe informatiche che fanno leva sull’ingegneria sociale, sfruttano tre elementi fondamentali che caratterizzano (e condizionano) la percezione cognitiva dell’essere umano:

  • il linguaggio;
  • la memoria;
  • l’attenzione.

Il settimanale della Svizzera italiana “Il Caffè” ha affrontato questo tema con una mia intervista, curata da Roberta Villa.

Alla domanda “In che modo le notizie false si infilano tra quelle vere?” ho risposto:

Le fake news lavorano, oltre che sulla pigrizia, sugli aspetti cognitivi. Sono costruite sfruttando tre elementi fondamentali, ovvero il linguaggio, l’attenzione e la memoria. Se io riesco ad arrivare sullo schermo di una persona con il linguaggio che questa persona usa nella quotidianità, se riesco a catturare la sua attenzione e la sua memoria pregressa, il gioco è fatto. Ho conquistato la sua fiducia e quindi qualsiasi barriera di diffidenza è caduta.

Leggi tutta l’intervista pubblicata domenica 11 marzo 2018 (pdf) oppure accedi direttamente al sito web del settimanale per il servizio completo.


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